martedì 24 aprile 2012

L'esadecalogo (parte 1)


[diario di bordo]
La costa e’ ormai prossima: i primi gabbiani sono stati avvistati, e spesso abbiamo incrociato tronchi galleggianti non ancora sbancati dal sale.
Oggi una piroga di indigeni ci ha affiancato: vendeva frutta e artigianato locale, oltre ad un nutrito numero di donzelle. Mentre gli uomini usufruivano dell’offerta per rompere finalmente il lungo periodo di astinenza, fin qui tollerato solo grazie ad un rigoroso succedersi dei “turni di botte”, il sottoscritto ne ha approfittato per approfondire la conoscenza con questo nuovo popolo, vagliandone le caratteristiche.
E' insindacabile che nel nostro immaginario, volenti o nolenti, noi europei si abbia una serie di idee, miti, preconcetti e credenze sugli USA; molte sono mutuate da cinema e televisione, alcune dalle letture di opere americane, poche dai resoconti di amici e parenti che si sono fatti una vacanza nelle Americhe.
Molti sono più veri del previsto, altri non me li immaginavo affatto. E immagino che ne troverò altri ancora man mano che il mio orizzonte si allarga.
Ecco un breve elenco commentato, ad uso e consumo della ciurma, che potrebbe risultare utile nelle libere uscite, o in caso di naufragio e fortunoso approdo in queste terre selvagge.
- tombini che fumano: in inverno, a qualsiasi ora del giorno e della notte, dai tombini circolari nelle strade si alzano costanti colonne di vapore bianco. Sono fondamentalmente inodori e attraversarle comporta solo la spiacevole perdita di visibilità per pochi attimi, e un lievissimo senso di pesantezza nel respirare aria densa e umida. Mi si dice che fumino copiosi anche in estate, ma mi pare una roboante menzogna.
- cesso pieno d'acqua: finalmente mi si chiariscono tutte quelle scene dei film d'azione in cui qualcuno viene torturato infilandogli la testa nella tazza; puntualmente sembra affogare, e viene ripescato grondante e sputazzante. Le tazze qui sono piene per 3/4 di acqua limpida; sfido chiunque a farlo in un cesso italiano. Il marinaio assetato dopo il naufragio può tranquillamente ricordarsi di questa piccola scorta privata per sciacquare via il sale da viso e gola.
- tritarifiuti nel lavandino: in cucina l'appartamento ha come assortimento standard il famoso tritarifiuti (e dita). Mai più scarichi ingorgati: gettate pure i vermi scrostati dalle vostre gallette o dalla vostra pasta traforata: con la semplice pressione di un pulsante portete comunque sgorgare le tubature e continuare ad usare il lavello come se nulla fosse.
- senza denti: sugli autobus noterete una altissima percentale di viaggiatori senza denti o con pochi superstiti tra le labbra. Giovani e vecchi, donne e uomini, tutti sdentati. Fate sempre attenzione: come insegna il dottor Lind, scorbuto e piorrea possono essere prevenuti con due semplici arance e un limone al dì.
- viscidume nel servizio. La customer care qui è sacra, attenzione a non violarne i precetti. Verrete spesso apostrofati con frasi melliflue come "Non dubiti, la soluzione del suo problema è nostro primario interesse" o "Sono contento di poter offrire la soluzione che stava cercando, la sua soddisfazione è il mio principale obiettivo". Consiglio ai marinai impazienti di approfittare di queste chiacchiere inutili per riempire il fornello della vostra pipa di schiuma. A tutti gli altri: non abituatevi troppo, tornati a casa i commessi torneranno a trattarvi come se vi stessero facendo un favore.
- parlare coi passanti: pare usanza comune intavolare discussioni non troppo personali con chiunque si abbia a tiro per più di 5 minuti. Se la comprensione del discorso non è impedita dal forte accento bleso e strascicato, il marinaio solitario può trovare sollievo al suo isolamento. Ai misantropi consiglio un paio di cuffie sempre nelle orecchie (anche se a volte non sono sufficienti a far desistere l'indigeno voglioso di raccontare cosa sua sorella abbia comprato da Walmart).
- bandiere dappertutto: una nazione orgogliosa, ai limiti dell'orgoglione per l'occhio disamorato dell'italico viandante, che ha dovuto subirsi 40 anni di associazione bandiera=nazionalismo=fascio. Decisamente sconsigliato l'utilizzarle come innesco per un falò d'emergenza.
- mattinieri: se il mattino ha l'oro in bocca, qui pasteggiano a lingotti. Nonostante il lavoro sia il loro primo pensiero, non è la loro prima azione: facile per l'indigeno alzarsi prima dell'alba, per svolgere le faccende di casa, andare in palestra e compiere altre attività molto gradevoli alle 5 del mattino. Tutto è spostato di qualche ora indietro (nulla di strano in un 5am-9pm come periodo di veglia). L'esperienza del buon navigatore sconsiglia l'uso di pratiche così barbare e anzi esorto la ciurma, dal mozzo al primo ufficiale, a restare nella propria amaca fino all'ultimo secondo utile.

sabato 21 aprile 2012

C'è sempre una prima volta: la prima in riviera.

E così ho affrontato la mia prima volta in riviera adriatica.
A 12 anni dal mio arrivo a Modena, dopo aver elaborato alcuni lutti importanti per un'isolana, mi sono sentita pronta ad affrontare il grande marrone.

E così non più tardi di due settimane fa mi sono lanciata nella classica gita fuori porta del "modenese medio" in primavera: passeggiata sulla spiagga, pranzo di pesce, qualche foto al tramonto, si torna a casa. un pò abbronzati, un pò appanzati dal cibo, pronti ad affrontare la coda del rientro.

E così che mi sono capitati due degli eventi più incredibili degli ultimi mesi, ma ve ne racconto uno solo, che l'altro rientra solo nell'enorme capitolo di sfighe che dopo un pò non fanno ridere nessuno.

Credevo che ormai tutti in Italia sapessero come funziona un casello: insomma, tu entri, infili il biglietto, ti dice quanto pagare, metti i soldi o la carta, la vocina in stile Cristina D'avena ti dice "ritirare la tessera!" e "Arrivederci!!!!". si alza la sbarra, ingrani la prima e via.
OK. vi torna, no?
Bene, sappiate che non sempre va cosi. ho sempre bestemmiato in coda al casello sui lentoni delle monetine, o gli utonti con il fast pay, ma mai avrei creduto che nella landa desolata all'uscita di Cattolica incontrassimo LEI, la donna incrocio tra Wanna Marchi e Orietta Berti, un essere mitologico che si narra essere approdato su terra romagnola trasportata dalla mucillagine. La trasformazione del mito popolare la identifica come Wanna Berti (n.d.a: da leggere con voce baritonale solenne e farlo seguire da un buaahaha).
Era su una macchininaviolettanonmeglioidentificata e ci precedeva al casello. All'apertura della sbarra mette la prima e avanza, noi la seguiamo mentre la sbarra si abbassa. stavamo per inserire il biglietto e pagare quando notiamo che la macchinaviolettanonmeglioidentificata si ferma subito dopo la sbarra. Scende Wanna Berti (d'ora in poi WB) che con un incedere scattante nonostante il suo sovrappeso evidente supera la sbarra e si avvicina alla macchina.
Il gruppo mare (d'ora in poi GM) si smascella e contorce dall'incredulo dolore alla vista.
WB:"state fermi state fermi ho perso una monetina"
GM:"..... 0.o ....."
macchinetta del casello: "ritirare la tessera"
portavoce del GM: "signora sposti la macchina e ci faccia uscire prima che si chiuda la sbarra!"
La specie Wanna Bertiana, ormai ammaestrata ed abituata a socializzare con gli esseri umani non si lascia intimidire dall'ultimatum del gruppo mare
WB:"aspetti aspettj forse l'ho trovata"
GM:"..... 0.o ....." [n.d.a.: si esatto, fermo immagine lungo]
WB:"vada un pò in avanti, ecco così, no, un altro pò"portavoce del GM: "signora sposti la macchina!!!!"
WB:"trovata grazie eh che mi era caduta mentre pagavo e ..."
GM (coro):"SPOSTI LA MACCHINA!"

e fu così che l'audace gruppo mare arrivo a Cattolica, riprendendosi dallo shock causato da Wanna Berti a colpi di uomini nudi (...)

A chiosa:

  • avete mai fatto caso che il mare dell'adriatico non è blu ma marrone?
  • e che il mare puzza di cozza morta?
  • e che la spiaggia è tutt'altro che d'oro?
  • no dico....


mercoledì 18 aprile 2012

Tutti a bordo

Allora leviamoli, questi ormeggi. E facciamo rotta a Nord.

Un Nord non necessariamente geografico, quanto simbolico. Uno zenith che sia meta per un’ascesa sulla mappa virtuale della nostra vita e che sia conforto durante i marosi e le bonacce che il vascello affronterà nel compierla.

Ma più importante ancora, leviamo gli ormeggi perché non è più tempo di galleggiare indolenti nelle acque chete della cala: e’ ora di gonfiare le vele, di scrostare lo scafo da mitili e conchiglie, di sentire la spuma salata sulle labbra e il cigolio di sartìe e fasciame mentre la barra vibra come viva tra le nostre mani.
Leviàmoli, perché possiamo essere Ulisse o don Abbondio, e se il primo è stato scaraventato all'inferno per aver superato le Colonne mentre il secondo nella sua vigliaccheria è tra i pochi per cui i Promessi Sposi ha un lieto fine (Sciascia), Ulisse è ciò che don Abbondio non sarà mai: un uomo libero.
Salpiamo allora, spinti dalla necessità di vedere il nostro porto e il profilo familiare della costa rimpicciolire alle nostre spalle fino a svanire oltre la curva dell’orizzonte, e di guardare oltre la prora per scoprire se la nostra Terra abbia o no un orlo oltre il quale non si può andare.

martedì 17 aprile 2012

Sono sempre i migliori quelli che se ne vanno

Se non vado errando, dondolando sul meridiano di Greenwich, mi sono conquistata la posizione più a nord.  Reputo dunque giusto che spetti  a me l' ònere e l'onore di inaugurare questo privilegiato osservatorio di espatriati al nord.

Se queste considerazioni non fossero sufficienti vi basti sapere che tra una partita tra il Nord ed il Sud dell'Italia la palla va sempre al centro. Signori e Signore, io sono il Centro.


Attivate il cursore, Europa, Regno Unito, Londra.  
Il mio primo ricordo risale grosso modo alle Scuole Medie.
E’ così che imparai uno dei primi aggettivi “sofisticati” della lingua italiana. L’aggettivo era “ uggiosa”, era scritto a lettere cubitali: Londra città uggiosa.
E’ chiaro che all’autore del libro non deve essere piaciuta molto questa città;  
A me piace immaginarlo così, con le scarpe bagnate sotto un gigantesco ombrello nero, incapace di annotare sul suo taccuino da viaggio tutte le cose che ci sarebbero state da scrivere a causa di quell’acquazzone. 
E così, una volta tornato a casa, non aveva altro che descrivere il mal tempo della città ed in cuor suo, lo senti un argomento così “ inglese” che gli parve perfetto. 
Siccome la casa editrice  gli imponeva un certo numero di battute, menzionava  fantasmagorici uomini con bombetta come quelli che popolano i quadri di Magritte, che si scambiavano battute di un umorismo agghiacciante  e che si aggrappavano di corsa ad autobus rossi a due piani, vaneggiando circa una penna lasciata sopra un tavolo. 
Tutta la narrazione era poi rigorosamente condita da patate e pesci fritti; D’altro canto è risaputo che, il freddo mette fame, che anche una scarpa fritta diventa commestibile e  così avrebbe fatto digerire ai lettori anche questa inefficace descrizione. 
Restando alle pagine di quel libro è chiaro che qualsiasi idea di trasferirmi nella “città uggiosa” sarebbe stato interpretato come un segno di follia. 
Per fortuna lo sfortunato autore sotto la pioggia, si sbagliava. 

Le ragioni del trasferimento è chiaro, risiedono nell’ambizione, e non volendo descrivermi come un cervello in fuga, dirò semplicemente che sono in fuga. 
Da cosa? 
E’ chiaro, sono in fuga dall’approssimazione di un Paese dove vince quello che frega e dove la maggior parte delle persone sono convinte che delegare a qualcun’ altro colpe e responsabilità è meglio, tanto “non riguarda me e poi io ho altro da fare, per esempio, guardare la partita”. 
Poi ci si lamenta sempre  su tutto ma tutto rimane uguale perché lamentarsi è fine a se stesso. Mano sotto il mento e gesto all’infuori. Si, lo confesso, sono e sarò dannatamente polemica per cui è meglio che vi abituiate sin dalle prime battute. 
The pen is on the table ma le palle sono decisamente a terra. 

Voi direte, non completamente a torto, che la mia è una critica piena di luoghi comuni: Mi direte che c’è un’Italia che lavora, che si impegna, che desidera più equità sociale. 
Un’Italia di intellettuali, di creativi, di operai qualificati, di professionisti di eccellenza. Ed io vi dirò che lo so, che ci credo ed è proprio per queste ragioni che me ne sono andata, per continuare a fare gli interessi di quella parte di italiani sempre più esigua. 
Nel mio piccolo, io voglio portare alta una bandiera e dimostrare che ci sono italiani che fanno la differenza. In un mondo così globale bisogna saper giocare fuori casa. Di umorismo, inglese o meno,  ne occorrerà tanto ed io prometto che non ve lo farò mancare.
Il mio contributo sarà quello di illustrare nel bene e nel male, nel ridicolo e nel geniale, attraverso spaccati di vita vissuta le differenze e le similitudini con un Paese che sicuramente ha qualcosa da insegnarci almeno in termini di meritocrazia.
Meritocrazia. 
Ecco quello che sono venuta a cercare, la meritocrazia,  ecchissenefrega se per trovarla dovrò bagnarmi un pò.