martedì 17 aprile 2012

Sono sempre i migliori quelli che se ne vanno

Se non vado errando, dondolando sul meridiano di Greenwich, mi sono conquistata la posizione più a nord.  Reputo dunque giusto che spetti  a me l' ònere e l'onore di inaugurare questo privilegiato osservatorio di espatriati al nord.

Se queste considerazioni non fossero sufficienti vi basti sapere che tra una partita tra il Nord ed il Sud dell'Italia la palla va sempre al centro. Signori e Signore, io sono il Centro.


Attivate il cursore, Europa, Regno Unito, Londra.  
Il mio primo ricordo risale grosso modo alle Scuole Medie.
E’ così che imparai uno dei primi aggettivi “sofisticati” della lingua italiana. L’aggettivo era “ uggiosa”, era scritto a lettere cubitali: Londra città uggiosa.
E’ chiaro che all’autore del libro non deve essere piaciuta molto questa città;  
A me piace immaginarlo così, con le scarpe bagnate sotto un gigantesco ombrello nero, incapace di annotare sul suo taccuino da viaggio tutte le cose che ci sarebbero state da scrivere a causa di quell’acquazzone. 
E così, una volta tornato a casa, non aveva altro che descrivere il mal tempo della città ed in cuor suo, lo senti un argomento così “ inglese” che gli parve perfetto. 
Siccome la casa editrice  gli imponeva un certo numero di battute, menzionava  fantasmagorici uomini con bombetta come quelli che popolano i quadri di Magritte, che si scambiavano battute di un umorismo agghiacciante  e che si aggrappavano di corsa ad autobus rossi a due piani, vaneggiando circa una penna lasciata sopra un tavolo. 
Tutta la narrazione era poi rigorosamente condita da patate e pesci fritti; D’altro canto è risaputo che, il freddo mette fame, che anche una scarpa fritta diventa commestibile e  così avrebbe fatto digerire ai lettori anche questa inefficace descrizione. 
Restando alle pagine di quel libro è chiaro che qualsiasi idea di trasferirmi nella “città uggiosa” sarebbe stato interpretato come un segno di follia. 
Per fortuna lo sfortunato autore sotto la pioggia, si sbagliava. 

Le ragioni del trasferimento è chiaro, risiedono nell’ambizione, e non volendo descrivermi come un cervello in fuga, dirò semplicemente che sono in fuga. 
Da cosa? 
E’ chiaro, sono in fuga dall’approssimazione di un Paese dove vince quello che frega e dove la maggior parte delle persone sono convinte che delegare a qualcun’ altro colpe e responsabilità è meglio, tanto “non riguarda me e poi io ho altro da fare, per esempio, guardare la partita”. 
Poi ci si lamenta sempre  su tutto ma tutto rimane uguale perché lamentarsi è fine a se stesso. Mano sotto il mento e gesto all’infuori. Si, lo confesso, sono e sarò dannatamente polemica per cui è meglio che vi abituiate sin dalle prime battute. 
The pen is on the table ma le palle sono decisamente a terra. 

Voi direte, non completamente a torto, che la mia è una critica piena di luoghi comuni: Mi direte che c’è un’Italia che lavora, che si impegna, che desidera più equità sociale. 
Un’Italia di intellettuali, di creativi, di operai qualificati, di professionisti di eccellenza. Ed io vi dirò che lo so, che ci credo ed è proprio per queste ragioni che me ne sono andata, per continuare a fare gli interessi di quella parte di italiani sempre più esigua. 
Nel mio piccolo, io voglio portare alta una bandiera e dimostrare che ci sono italiani che fanno la differenza. In un mondo così globale bisogna saper giocare fuori casa. Di umorismo, inglese o meno,  ne occorrerà tanto ed io prometto che non ve lo farò mancare.
Il mio contributo sarà quello di illustrare nel bene e nel male, nel ridicolo e nel geniale, attraverso spaccati di vita vissuta le differenze e le similitudini con un Paese che sicuramente ha qualcosa da insegnarci almeno in termini di meritocrazia.
Meritocrazia. 
Ecco quello che sono venuta a cercare, la meritocrazia,  ecchissenefrega se per trovarla dovrò bagnarmi un pò.








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