lunedì 21 ottobre 2013

"Eating animals"



E' sempre difficile condurre una seria discussione sul vegetarianismo. E' un po' come parlare di religione. Si teme sempre di offendere la sensibilità altrui. Ma così si finisce per non parlare mai del tema. E' molto probabile innescare una lite: da una parte la difesa totale degli animali ("molti animali sono meglio degli esseri umani" è un'affermazione molto comune – e altrettanto stupida) e dall'altro lato il partito del “io mangio qualunque cosa abbia quattro gambe, esclusi i tavoli” - ricco di sostenitori in Cina.
Naturalmente la verità sta nel mezzo, ma il punto di ogni discussione, visto che la verità sta sempre o un più a destra o un più a sinistra, è appunto capire da quale lato pende. 
Ho pensato che la lettura del libro “Eating animals”, del giornalista americano Jonathan Safran Foer, che ha fatto un'inchiesta nel mondo dei macelli durata tre anni, potesse aiutarmi a comprendere meglio la situazione.
Dirò subito che purtroppo il libro non è particolarmente illuminante ed è infarcito di retorica americana. In diversi punti l'autore ci tiene a sottolineare con mielosi episodi infantili i motivi che l'hanno indotto a diventare vegetariano. Vabbè. Naturalmente c'è di mezzo anche il bene dei suoi figli nel momento in cui diventa padre. Vabbè. Per intenderci, il libro vuole parlare alla pancia del lettore e non al cervello (comunque fallisce entrambi gli obiettivi e alla fine della lettura correresti in un prato a fare una grigliata).
Tuttavia ci sono alcune informazioni interessanti che rivelano certe caratteristiche del tema a cui di solito non si pensa. Per esempio, il libro evidenzia il forte contributo dei macelli all'inquinamento (soprattutto delle falde acquifere) o l'impatto sulla salute umana a causa della grande quantità di antibiotici e altri farmaci utilizzati per questo tipo di industria. Descrive i metodi di macellazione, che credo comunque tutti conoscano o possano immaginare. Non ho scoperto nulla di troppo innovativo su quel lato. E' chiaro che si possono raccontare una serie di storie raccapriccianti in un luogo dove ogni giorno sono macellati migliaia di animali. E' chiaro che qualcuno di questi arriva ancora vivo nel pentolone dell'acqua bollente. E' anche evidente che non mi sembra un luogo troppo piacevole dove lavorare. Insomma, ci sono una serie di validi motivi per non amare i macelli e il sistema che li circonda. Che tutto questo induca qualcuno a diventare vegetariano è completamente plausibile. Ognuno sceglie di vivere come vuole. Ma se dobbiamo cercare di capire se tale scelta abbia una logica sottostante diversa dall'emozione personale, una logica che possa magari aiutarci a ragionare su come ottenere un cambiamento per un mondo migliore, estendendo un certo modus pensandi a più persone, beh, allora serve una logica più stringente.
Personalmente non trovo che ci sia nessun ragionamento razionale a sostegno di una vita vegetariana. La tesi del libro e di molti (vedi mille stucchevoli immagini su Facebook di maialini e vitellini con la pistola alla fronte) si basa sull'orrore che suscitano i metodi di macellazione su scala industriale. Ma credo che molti sarebbero scioccati anche dal veder tirare il collo ad una gallina (ulteriore segno, se ce ne fosse bisogno, del rammollimento della civiltà occidentale).
Sono sicuro che nessuno può mettere in dubbio che il modo in cui gli animali sono allevati, nutriti e uccisi è in larga parte disumano e debba essere migliorato, sia per la salute animale che per quella umana. Ma il vegetarianismo non è la risposta. Mi sembra abbastanza cieco pensare di cambiare questo sistema smettendo di mangiare animali. E' lo stesso principio del boicottare una marca nel tentativo di far cambiare corso alle cose. E' dal periodo del “flower power” che questo stratagemma ha mostrato tutta la sua inefficienza. Si può farlo come scelta personale, ma non vi è alcuna possibilità di modificare il mondo in questo modo, a meno che voi non siate Gandhi (e anche sul suo successo ci sarebbe qualcosa da ridire). 
Questo sistema folle di trattare e macellare gli animali è legato ad un solo fatidico e altrettanto folle concetto. Quello di produrre ogni anno sempre più carne, senza sosta, in un'infinita fattoria degli orrori. E tutto questo risponde ad un altro sistema, altrettanto sciocco, altrettanto folle, chiamato capitalismo.
Vogliamo avere un modo più “umano” di mangiare gli animali? Sono d'accordo. Vogliamo avere un modo più sostenibile di vivere nel mondo occidentale? Sono pienamente d'accordo.
C'è un solo modo: uccidere il capitalismo. E questo è il vero punto dell'Ozioso. Alla prossima puntata.
L'Ozioso

3 commenti:

  1. Di recente sto appunto sposando la causa del riduzionismo. Credo fortemente che il consumo spasmodico e compulsivo di carne possa essere limitato senza correre il rischio di diventare smilzi anemici e privi di forze, e mi batto con decenno di ottusitá culturale per mangiare 3-4 volte alla srttimana legumi...

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  2. e comunque pare che anche sul blog sia difficile fare una seria discussione sul vegetarianesimo ,,,

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  3. Condivido parecchi punti del tuo discorso Ozioso, tuttavia non la soluzione.
    É indubbio che, al di lá di qualsiasi discorso etico, l'attuale filiera della carne sia insostenibile nel lungo periodo considerando la crescita demografica mondiale a cui assistiamo e parallelamente all'incremento di persone che hanno accesso al consumo di carne. Tutti sembrano accomunati dal correre nella direzione di maggiore quantitá, seguendo volenti o nolenti il modello americano. La possibilitá di avere accesso alla carne in qualsiasi momento e a buon prezzo sembra essere la nostra massima aspirazione, osservando come si modificano i sistemi alimentari e la domanda di cibo nei Paesi che vivono il boom economico. Tutto questo ha un costo, non solo in termini di salute pubblica (credo che ognuno nella societá sia artefice del proprio destino, quindi non entro nel merito delle decisioni individuali), ma ovviamente anche sull'impatto ambientale. Quindi dopo aver consumato 16000 litri di acqua, emesso CO2 alla pari di un'automobile che viaggia per 250km e dissipato la corrente equivalente di una lampadina da 100W accesa per 20 giorni, il chilogrammo di carne di manzo prodotto arriva su un mercato senza nemmeno la certezza di essere consumato.
    Ora, mi chiedo io, come fornire alla gente sensibilizzata da questo tema gli strumenti pratici per agire? Non é forse il far leva sulla riduzione della domanda di carne l'unica via da cui partire per limitare la disperata corsa alla quantitá?
    Molti sono consapevoli del fatto che il quantitativo di carne che consumano é superiore alla loro reale necessitá: si deve partire da questo, indirizzando le scelte di acquisto su prodotti di maggiore qualitá, potenziando dove possibile circuiti locali virtuosi e risvegliando la sensibilitá di palati addormentati dall'invasione dei fast-food. Nonostante la nostra inguaribile americanofilia abbiamo ancora sembianze mediterranee nutrizionalmente parlando; teniamocele strette e scegliamo consapevolmente.

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