mercoledì 1 agosto 2012

Ti ho mai detto che sono stato colpito da un fulmine 7 volte?

Mi piace stare in cucina, potrei fermarmi qui, ed invece scriverò un bel post lungo così per tediarvi un pò. Mi piace cucinare per qualcuno, muovermi al ritmo del soffritto per preparare qualcosa di buono. Ma non perchè sia buono in sè; non sono mai stata un'esteta. Mi piace guardare la persona, o le persone, al primo assaggio: guardare le loro espressioni, di stupore, di quella breve istantanea estasi che provi solo al primo boccone, e in cui tutti sono disarmati. E da lì che sai davvero come è andata. Alcuni dei momenti in cui mi sono sentita in "famiglia" anche a 1400 km dai genitori, li ho passati in cucina. Per me cucinare rappresenta, il modello di laboratorio della vita reale, con i suoi vantaggi (la riproducibilità, i costi contenuti, la semplicità) e i suoi svantaggi (è un modello, quindi è semplificato, non ha tutte le variabili/imprevisti della realtà). E come in laboratorio, io sperimento ed imparo. Un giorno vorrei diventare come il nonno in "un tocco di zenzero": se non l'avete mai visto il film completo, merita, merita davvero, come Chocolat e Julie&Julia giusto per citarvene un paio]. Devo ammettere però che nel frattempo più che il nonno di Fanis, io al momento assomiglio più al compagno di stanza di Benjamin Button: sono una scampata alla morte certa (se non altro per vergogna) almeno un paio di volte.
La prima, memorabile, ha a che fare con la mozzarella. Si quella fresca e burrosa che in estate c'è sempre in frigo. Anche nel frigo di chi non cucina MAI, insieme all'immancabile parmiggiano e ai funghi sott'olio. Quella che ho usato per condire una buonissima pasta fredda, improvvisata, a casa di amici, non sapendo che la morosaincinta dell'amicodeimieiamici non solo è vegetariana ma rifiuta anche il formaggio non prodotto con caglio vegetale. Visto che la sudetta era appunto nu poco poco morosaincinta e quindi vittima degli ormoni ha piantato al moroso una filippica con tanto di bestemmione perchè avrebbe dovuto "controllare quello che stavo facendo". Loro sono andati via un pò guasti ed io sono rimasta basita. Mi sentivo come un enorme panetto di burro strisciante preso a calci.

La seconda, destinata a passare alla storia, sarà quella che posso intitolare "un tocco di curry".
Da circa 3 anni ci frequentiamo, senza affanni, con una coppia di coetanei che abbiamo conosciuto al corso prematrimoniale. Dopo mesi di promesse di incontro mai mantenute, decidiamo di vederci a cena. Un lunedì. Il sabato prima lo passo a decidere il menù, la domenica vado a fare la spesa e inizio a preparare quello che posso (i panini al papavero, la base per la torta di frutta etc..) e mi tengo il piatto forte per il giorno dopo: pollo al curry con sformati di riso basmati. Lunedì pomeriggio alle 18 mi cade la penna, scatto dall'ufficio e torno a casa, dove il Fido Fabio, mio cognato, mi attendeva con la sua stellina da aiuto cuoco conquistata per l'occasione. Ci mettiamo di buona lena a cucinare e per le 20.15 era tutto pronto. Arrivano gli ospiti, ci accomodiamo, e orgogliosa porto a tavola i piatti. Il primo boccone. Espressione di stupore. Fioccano i complimenti, seguiti da un raschietto alla gola "però è bello piccante". In quel momento lo sgardo di terrore negli occhi di Fido Fabio (di cui è nota l'intolleranza al peperoncino in famiglia): "ma siamo certi che non ci sia peperoncino?". Ripreso il pacchetto comperato al negozio indiano la triste realtà: contiene "chili pepper". A Fabio non restò che mangiare il riso basmati in bianco, il panino al papavero qualche tartina caprese, la torta. Io invece sono rimasta tutta la sera con un enorme freccia al neon puntata sulla mia testa con la scritta "scema". 

Mi domando: perchè in questi casi non si può attivare la funzione "botola magica a scomparsa"?
Spero che io non debba arrivare a 7 sciagure simili per capire il senso della vita, come il vecchietto amico di Benjamin.

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