martedì 10 luglio 2012

Vertigo

Questo nuovo mondo riserva serate imprevedibili.
Che ti colpiscono a tradimento, scavandoti dentro un solco che resterà per tanto, tanto tempo.
Una sera di luglio, sotto un cielo grigio di vapore e umidità, mentre l'aria sugosa e calda ti avvolge come un manto bagnato, succede che ti ritrovi altrove, in una vertigine di passato e presente.
Sei in America, a ridosso del 4 Luglio, in una piccola taverna in centro città: l'aria qui è più fresca, le mura sporche e annerite, una band sta finendo di montare il piccolo palco e la penombra ti accoglie come un vecchio amico; niente locali alla moda, niente luci e vestiti colorati, solo alcool e musica nella semioscurità. Casa.
Non sei solo: ti ha invitato una ragazza, le piace la musica e le piace andarla a sentire con te. E' molto dolce, e nonostante il buio quegli occhi verdi continuano a chiuderti la gola. Bevete qualcosa di fresco, mentre chiacchierate in attesa dell'inizio. Lei è americana, ma anche russa, e ha una visione del mondo più europea che yankee. La birra è fruttata, dolce: è una bianca, fermentata alla belga.
Ogni volta che lei sorride, la vertigine ti scuote.
La band comincia. Sei in America, quasi al 4 luglio, e ascolti un festival gitano di band slovacche. La vertigine aumenta un poco ancora.
La sala si muove. Non c'è pienone e ognuno può seguire la musica senza urtare nessuno. La guardi ballare e sorridi: si muove come una bambina, una goffaggine infantile che te la rende ancora più cara.
E poi arriva.
La musica è un mezzo potente. Come gli odori.
Trasporta un intero mondo di ricordi, di luoghi, di emozioni e di sensazioni e te lo riversa addosso, come una cascata.
Sei in America, al 4 Luglio. Con una ragazza russa.
E nell'aria vibrano le note di Bella Ciao.
Vertigine.

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